Introduzione

Ritrova il tuo simbolo. Diventa un uomo
La tua strada di maschio comincia da molto lontano. Comincia nelle caverne del neolitico. Sulle loro pareti, dure mani maschili, ispirate da riti di cui abbiamo perso le tracce, incisero con straordinaria forza e intensità la forma del Fallo. Lì comincia la tua strada di maschio, che finisce, per ora, nei centri delle grandi metropoli della tarda modernità, dove gli architetti più geniali riproducono la stessa forma nelle torri che si alzano verso il cielo, come a cercarlo.
Infatti la strada del maschio è segnata da un simbolo. Come del resto quella delle donne dalla forma sacra dello Yoni, della Vulva. Loro se la sono ripresa, la Vulva, ne hanno fatto giustamente il segno del femminismo, hanno marciato nelle strade delle capitali con le dita congiunte a ripetere l’antico segno. Gli uomini invece hanno lasciato che il fallo diventasse sinonimo di prepotenza, arroganza, che si trasformasse da simbolo in ingiuria, o in oggetto ridicolo, come lo chiama Rousseau. Del resto, avevano smesso da tempo di dar valore ai simboli. Anzi, è stato proprio l’uomo della modernità a pensare di sostituire un simbolo con tanti segni, con tante iconcine, pensando che funzionassero altrettanto bene. Ma non è vero, non hanno funzionato neppure nel senso, banale, di una segnaletica della vita quotidiana. E infatti l’uomo ha perso la strada?

L’uomo moderno abbandona i suoi simboli
Come mai l’uomo moderno ha cercato di liberarsi dei simboli? Perché i simboli sono carichi di forza, sono impegnativi, posseggono “la forza del sacro” (come sapeva lo psicologo svizzero C. G. Jung).
Questa forza tende a realizzare un programma: il programma di quel simbolo, di quel sistema simbolico. Ben più difficile da cancellare o da nascondere dei programmi dei computer. Un sistema simbolico corrisponde infatti a un programma di vita individuale e a un modello di cultura, di società. Quando è vivente, vincola tutta la Comunità a una vita coerente con quel sistema simbolico. E non è semplice liberarsene. Per modificarlo infatti devi buttare in aria un’intera cultura: è complicato, faticoso, profondo, di solito anche sanguinoso (ciò non ha imbarazzato la modernità antisimbolica e segnica, che per imporsi ha versato fiumi di sangue, in tutto il mondo), ma soprattutto è lento. Troppo impegnativo per una cultura semplificante, superficiale, veloce, come quella della tarda modernità.
Non puoi, per esempio, avere come simbolo il Fallo, la cui forza psichica rappresenta energia gettata, donata, sparsa senza calcolo, ed essere avido e avaro, come deve essere l’homo oeconomicus teorizzato da Adam Smith, l’eroe calcolatore del capitalismo trionfante…
Per questo l’uomo della modernità ha cercato di buttare nella spazzatura i simboli, a cominciare dal più potente di essi, il Fallo. Voleva essere libero di occuparsi esclusivamente dei suoi interessi.
Oggi la partita sembra chiusa. Shiva è lontano, il fallo nella polvere, la conservazione a ogni costo della vita è il principio dominante. Ma è veramente così?
I segni contrari sono numerosi. La fine di ogni relazione col simbolo del Fallo coinciderebbe con la fine della vita umana, di cui esso è, insieme col principio femminile, la più potente risorsa.
Per vivere, l’uomo cerca dunque i percorsi di uscita dalla prigione dell’interesse, verso un ritrovato gusto per il piacere, il dono e la libertà.