Padre mio che sei così lontano - Di Paola Malavasi In Minerva, n. 182/183 Luglio-Agosto, Roma

“Maschio Selvatico”, “Essere uomini”.

Con questi due libri, pubblicati da Red edizioni, Claudio Risé, psicanalista e professore universitario, tenta di tracciare il programma di un movimento maschile italiano. Obiettivo polemico, la femminilizzazione della società moderna e la riduzione dell’uomo da errante, avventuriero, esploratore a consumatore. Simbolo del movimento, il fallo. Non oggetto ridicolo, immagine della sopraffazione e della violenza, ma elemento di caratterizzazione, canale di piacere, autoaffermazione, dono. Come dire non dimenticate la natura primitiva, uomini, pena la frustrazione, il vuoto dei sentimenti e lo smarrimento dell’identità. Risé invita a rafforzare l’identità di genere attraverso il confronto “tra uguali”, fattore di ricchezza e potenzialità. L’uomo selvatico disprezza il maschio mite, tanto più il maschio femminile. Riconosce piuttosto l’idea, il mito del Padre, che non si rassegna a perdere. Il cammino richiede all’individuo di affrancarsi dalle madri, insegna ad accettare la propria specificità, quindi soprattutto la propria virilità (e non solo quando e come piace alle donne) e mira ad un obiettivo: ridare agli uomini il “potere su di sé”. Un potere senza il quale, del resto, non può esserci maschio né può formarsi un’individualità compiuta. Nemico principale da snidare, per Risé, la paura. La paura di non essere accettati, di essere giudicati inadeguati. Allevato da una schiera di donne (la madre, le maestre, le educatrici), il maschio di oggi viene educato attraverso modelli che non gli appartengono pienamente e non trova i mezzi per costruirsi un’identità adeguata. Solo un esercito dei padri consapevoli della funzione che hanno, inclini al dono di sé, solo un movimento di adulti può aiutare a sconfiggere la paura del futuro.

Paola Malavasi