Natale. Un dono diverso da Info/Psiche Lui di Claudio Risé in “Io Donna”, allegato del “Corriere della Sera” del 18/12/04

La solita invasione di regali inutili, fatti per dovere o per dimostrare potere. Per sottrarsi alla nevrosi bisogna allontanarsi dall’avere. E riflettere sull’essere.

«In questa pagina lei ha spesso suggerito la pratica del dono come terapia e lasciapassare per la felicità. Ora sta per franarci addosso Natale con il suo seguito di regali. E la sua proposta, che solo pochi mesi fa mi era sembrata credibile, adesso acquista un sapore diverso: mi appare terribile. In particolare mi inquietano gli amici e i parenti pronti a rovesciarci addosso pacchetti di ogni dimensione e contenuto. Invadendo le nostre vite con oggetti non richiesti e con l’evidente aspettativa di ricavarne gratitudine, potere, prestigio. Il percorso affettivo da lei proposto (“da me a te, per te”) qui ritorna al donatore (“da me a te, per me”), con gli interessi. Questa ostentazione di generosità è l’esatto opposto dello spirito del dono e del donarsi».

Salvatore, Sicilia

Caro amico, ciò che io vedo come portatore di felicità è, più che il donare, il donarsi. Offrirsi all’altro nel modo più pieno e più presente possibile. Ritengo il dono di sé efficace contro il malessere dominante nel nostro mondo civilizzato e iper regolato, dove la distanza tra esseri umani si sta facendo siderale, con ognuno che si muove nella propria galassia senza riuscire ad avere un vero contatto affettivo, fisico e spirituale con l’altro. Il dono di sé può annullare, o almeno fortemente ridurre, quest’angosciante distanza.
Ma questo dono (per esempio quello di un uomo che accetta di fare da padre a un bambino non suo, accogliendolo), è diametralmente opposto al regalo che imperversa in queste settimane. Nelle quali parenti e amici invadenti, profittano spesso del regalo per offrire se stessi e prendersi uno spazio nella nostra vita. Piazzandoci sul tavolo, come lei racconta nella sua lettera, candelieri indesiderati, romanzi-saga, oggetti inutili e ingombranti. Spesso, d’altronde, in buona fede.
Le persone non si danno proprio perché non sono più abituate a esserci, mentre regalano cose perché di quelle hanno un’enorme pratica e conoscenza. Come diceva la filosofa Simone Weil: «L’uomo non sa nulla dell’essere. Egli possiede solo l’avere». Tuttavia, anche in questo clima che lei giustamente definisce maniacale, noi possiamo bilanciare il rumoroso delirio del regalo con la discrezione profonda del dono di sé. Se davvero pensiamo che “felicità è donarsi”, dobbiamo farlo donandoci agli altri così come sono, con il loro delirio/passione per le merci e la loro confusione tra dono gratuito e regalo ricco di contropartite.
Si tratta allora di cercare di esserci veramente per gli altri, in modo autentico, senza discorsi di maniera, ma piuttosto portando la nostra presenza affettiva, calma, benaugurante, consapevole di un ciclo che si chiude, quello dell’anno. E di un altro che si apre, con le sue promesse e le sue sfide. La nevrosi che ogni anno rischia di travolgere la tranquilla festa del Natale (in cui appare il Bimbo nuovo che porta la possibilità di rinnovamento per ognuno di noi e per il mondo), si esprime attraverso l’affastellamento delle cose che, con la loro dismisura, cercano di coprire la ricchezza dell’essere. Sono, per esempio, i mille rumori che infrangono l’incanto della Stille Nacht, della notte silenziosa e tranquilla.
Ecco allora che se, in mezzo alla sovrabbondanza maniacale di cose e rumori, noi riusciremo a testimoniare la presenza affettuosa e tranquilla del nostro essere con gli altri, avremo anche fatto un piccolo passo avanti nell’esercizio del donarci.